Il progetto Landscape Choreography prevede attività di ricerca multidisciplinari in aree abbandonate, dove coreografia, danza e teatro sono alcuni degli strumenti utili per conoscere il contesto e “prenderne le misure” e relazionarsi con i cittadini attivi, ma anche linguaggi che “accompagnano” pratiche di trasformazione urbana.
Labuat partecipa a questo progetto decidendo di lavorare nel quartiere Solito Corvisea di Taranto, dove molti di noi sono cresciuti. Un quartiere che, pur non presentando i gravi problemi di altre periferie cittadine, ha tutte le problematiche di un quartiere dormitorio.
Inizialmente prevedevamo di realizzare nel parco archeologico delle mura greche spazi per orti urbani come luoghi per l’aggregazione, il tempo libero e il giardinaggio.
Per coinvolgere i residenti del quartiere nella cura dello spazio pubblico vicino alle proprie case, abbiamo iniziato con incontri informali che con il tempo sarebbero potuti diventare delle vere assemblee pubbliche da organizzare nei condomini, nelle scuole o nelle chiese.
Tutto questo lavoro di partecipazione, specifico sul parco, non è stato mai realizzato come pensato all’inizio, perché gli eventi (in particolare la “questione ilva”) hanno portato numerosi cittadini a riunirsi proprio in quel parco per assemblee nelle quali si provava ad immaginare un nuovo sviluppo della città, superando la monocultura industriale.
Improvvisamente si è portato al centro del dibattito il tema dello spazio pubblico e degli spazi demaniali da sempre negati alla città e soprattutto si è affrontata la questione del ruolo dei cittadini nei processi di trasformazione e cambiamento del territorio.
In quel momento di fermento, coinvolti emotivamente da quello che accadeva, abbiamo deciso di dare un nostro contributo alle attività che si realizzavano nel parco, attraverso le pratiche e i linguaggi dell’arte.
Ci siamo così ad esempio ritrovati ad ospitare, durante il concerto del 1 maggio 2013, un progetto di Plastique Fantastique, costruendo così uno spazio temporaneo di aggregazione giocosa.
Volevamo, spinti dall’entusiasmo, costruire insieme ai ragazzi del comitato, che nell’estate del 2013 si dedicavano alla pulizia e all’arredo del parco, uno spazio laboratorio, acquistando un container, da rendere autosufficiente energeticamente con pannelli solari, da poter utilizzare anche come quinta per proiezioni e spettacoli.
Il progetto del container/laboratorio non è stato realizzato per la mancata comprensione, da parte dell’amministrazione comunale, delle finalità del progetto e per un’incapacità, da parte di tutti, di costruire percorsi temporanei, creativi e innovativi di riuso dello spazio pubblico, in un patto di collaborazione fra cittadini e pubblica amministrazione.
Il parco, così, a poco alla volta è rientrato sempre meno nell’interesse di gruppi di cittadini che hanno spostato le loro azioni in altre zone della città.
Da questo momento, essendosi esaurito quel fervore che aveva animato nei mesi precedenti il parco, abbiamo deciso di continuare le attività, utilizzando uno spazio triangolare, una grande vasca di cemento mai utilizzata e piena di rifiuti, come palestra a cielo aperto dove fare, sbagliare, imparare, conoscere, trasformare, costruire un nuovo immaginario contemporaneo del luogo, insieme a tutti i cittadini interessati.
Il progetto ha deciso di favorire il rafforzamento di una apparentemente “debole” comunità di residenti e non, per lo più giovani precari e disoccupati, attraverso il loro coinvolgimento in attività lavorative per la costruzione di arredi e allestimenti, puntando sulla qualità delle relazioni piuttosto che sulle competenze tecniche.
Così è nato un palco per spettacoli e proiezioni, così è stato ripristinato il muretto che delimita questa vasca, così è stato realizzato un angolo di giardino con piante acquatiche.
Tutto quello che abbiamo costruito, come ad esempio un tavolo da ping pong, è stato fatto con materiali di buona qualità ed è stato lasciato senza protezione nel parco.
All’inizio abbiamo visto da parte di chi non ci conosceva scetticismo, curiosità e spiazzamento, che con il tempo si sono trasformati in apprezzamento, collaborazione e fiducia.
Ci piace constatare che il parco archeologico oggi è molto diverso da quello che avevamo davanti agli occhi cinque anni fa ed inizia ad essere un giardino.
Il merito non è il nostro ma di quella congiuntura favorevole che ha fatto sì che uno spazio abbandonato da sempre si popolasse negli ultimi anni di varie esperienze di cittadini, associazioni, comitati.
Noi abbiamo provato a stare insieme a loro.
Fra le tante esperienze e storie che hanno attraversato il parco, oggi la più viva è quella dell’archeotower, spazio liberato dall’abbandono da tre anni, adesso a servizio del quartiere, nel quale assolve la funzione di un centro per l’educazione ambientale e per il giardinaggio.
Il nostro percorso continua, al parco, ma non solo.
Il racconto del progetto Landscape Choreography parte da una frase di Gilles Clement, paesaggista francese autore di testi che hanno contribuito a cambiare il modo recente di guardare e vivere il paesaggio.
Abbiamo il piacere di accompagnarci con lui ed altri amici in un percorso che da tre anni a Lecce, alle Manifatture Knos, vede nascere, grazie all’intervento di gruppi di persone, un giardino nel mezzo di un parcheggio di 10.000 mq di asfalto.
Landscape Choreography continua così a sviluppare la ricerca anche a Lecce nell’ambito degli incontri del terzo luogo che hanno come tema quello degli spazi dell’indecisione.
Indecisione come strumento in mano a cittadini consapevoli, utile per trasformare i luoghi, seguendo i cicli e i tempi della vita reale, lasciando in questo modo, quanto più spazio possibile all’imprevedibile.